"Nelle mani predìco il futuro,
l’amor, la fortuna, la vita se dura,
fidatevi di me, il veggente Shesmek.
Son scaltro, son svelto,
rubo i cuori alle donne,
Shesbek, vien’ da me! Non fan che gridar.
Poi arrivo io,
cavalcando un pallone, so ottanta birilli
in ciel far rotear,
son asso acrobatico, A-la-me-lek!
Franco è nome di me,
de un lontano Paese
racconto le istorie
a mea gente zigana
o chi vuole ascoltar”
Ilari e fanfaroni
come sempre, i quattro viandanti guidati dalla Stella degli Zingari vennero a
trovarsi nelle campagne di Cettardo. Una
storia mai sentita, un’altra esibizione, un nuovo Amore o un destino ballerino:
il propulsore a moto perpetuo del loro vagabondare. Di avventure ne avevano già vissute a
bizzeffe, ma non sapevano ancora che questa sarebbe stata la più incredibile e
imprevedibile della loro carriera zingaresca.
Improvvisamente uno sfrascare convulso li colse di sorpresa,
ma era già troppo tardi: “Buaaaahh!” l’enorme, orripilante bestia molliccia sembrava
frignare, mentre con un balzo deciso e incredibilmente agile si avventò su
Franco, brandendolo con i suoi enormi braccioni e annusandolo come fosse un
tartufo. “Mmmm, zingarone esotico… tremendamente irresistibile, nuovo sapore!”
e poi ancora in preda a singhiozzi disperati: “scusa, amico mio giramondo, ma
devo mangiarti perché sento addosso a te il sapore di mille e mille spezie
provenienti dai Paesi più lontani…”
Ecco allora palesarsi l’istinto di sopravvivenza di Franco,
uomo avvezzo alle difficoltà e dotato di un’intelligenza straordinaria: “tu no
mangia me, amico mio gigantoso. Io ha cura per tu! Salva mea vita, i solverò
tuo problemo.” Gli amici, vedendo l’enorme gigante parecchio dubbioso,
rincararono la dose: “sì, amico colosso. Sappiamo che non sei cattivo e soffri
nel mangiare le persone, ma noi ti possiamo aiutare. Durante i nostri viaggi
abbiamo imparato a curare qualsiasi male con la magia”.
“Ah, sì?”, biascicò Pantagruel mentre stava ciucciando
Franco come un leccalecca, temendo di essere buggerato dai quattro volponi ma
con una fiammella di speranza nascente nel cuoricione. “E come si chiamerebbe
la mia malattia?” I tre amici si guardarono un po’ perplessi, non sapendo cosa
rispondere, ma Shesmek fu lesto a prendere la parola: ”antropofagia coatta
reversibile, Sir. Abbiamo curato pazienti come Lei nelle Americhe, in Indocina,
nella Germania Orientale e perfino a Sassomarconi.” Tanto bastò affinché
l’enorme cuore speranzoso di Pantagruel avesse la meglio sulla fame. Sputò
Franco, cercò di pulirlo alla meglio dalla saliva e lo depositò accanto agli
amici.
“Vi chiedo aiuto, amici. Tutti mi odiano, sono un reietto.
Fate sì che io possa smettere di mangiare le persone e vi sarò grato per tutta
la vita”. Dopo solenni promesse e abbracci i quattro amici si congedarono dal
mostro, decisi ad aiutarlo, perché chi salva la vita a uno zingaro errante
trova un amico per sempre.
Volete sapere come? Un po’ di pazienza…